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Affrontare la morte e la separazione da una persona a cui si è legati sentimentalmente è molto impegnativo e difficile da fare anche per le persone adulte, tanto che spesso, erroneamente tendono a proteggere i bambini dal dolore che questa esperienza comporta evitando di entrarvi in contatto.
Parlare ai bambini della morte può sembrare difficile, spaventa, è un pensiero che fa paura e cerchiamo di allontanarlo. Morte è una parola difficile che non vogliamo neanche pronunciare, tanto che spesso la camuffiamo con frasi come: “Il nonno si è addormentato”, “la zia è partita per un lungo viaggio”, preoccupati che i bambini possano rimanere traumatizzati da una realtà che farà nostro malgrado parte della loro vita.
Avvicinare il bambino gradualmente al concetto di morte
Il vero problema, in realtà, è arrivare impreparati all’esperienza di morte di una persona cara, cosa che spesso avviene all’improvviso e non possiamo prevedere.
Meglio sarebbe avvicinare il bimbo fin da piccolo ad affrontare il dolore e la frustrazione dati dal distacco e dalla perdita attraverso esperienze quotidiane più contenute che permettano di affrontare l’argomento gradualmente e sviluppare le competenze emotive necessarie per affrontarlo. Ad esempio la morte di una piantina, di un animaletto, del nonno di un amichetto, di un personaggio in un film o in una favola. Ciò permetterebbe al bambino di costruire il suo concetto di morte e di sviluppare strategie emotive per sostenere una frustrazione così importante.
L’esperienza della morte ai giorni nostri
In questo periodo di pandemia mondiale è più probabile che i bambini entrino in contatto precocemente con il concetto di morte, anche come esperienza indiretta, narrata dai compagni di scuola o dai media, possono apprendere che nonni, genitori, adulti significativi della loro vita potrebbero ammalarsi e morire.
E’ compito dell’adulto, principalmente dei genitori, affiancare il bambino di fronte a questo argomento, aiutandolo a confrontarsi con questa verità, permettendogli di fare domande, esternare le proprie preoccupazioni, esprimere le ansie più profonde.
Il concetto di morte per un bambino
Quando un bambino capisce cos’è la morte, viene attanagliato da una forte angoscia e dalla paura che muoiano i suoi genitori e che possa morire anche lui. Dobbiamo cercare di essere presenti, riuscire a stargli accanto soprattutto dentro le emozioni spiacevoli, perché è lì che il bimbo ha più bisogno di noi, senza evitarle, possiamo riuscire a rassicurarlo mentre conosce una delle realtà complesse che fa parte della vita.
Da solo infatti rimarrebbe confuso, impaurito, svilupperebbe profonde fragilità, tenderebbe a giustificare la realtà attraverso la sua visone auto centrata considerandosi responsabile, colpevole della morte del parente caro.
Quando avviene un lutto in famiglia è quindi sbagliato tenere i bambini all’oscuro, allontanarli per qualche giorno, dire bugie, inventare storie fantastiche, usare metafore.
Le fasi dello sviluppo del concetto di morte
Spesso si pensa che il bambino non sia in grado di capire, mentre in realtà, la percezione della morte si sviluppa nell’essere umano molto presto:
– fino a 3 anni il bambino pensa che la morte sia un fatto reversibile e non universale, di cui tende a non comprendere le cause;
– tra i 4 e i 6 anni ne comprende l’irreversibilità e l’universalità ma ne attribuisce le cause anche a eventi non naturali o biologici (es una magia);
– tra i 6 e i 9 anni il bambino comprende che la morte è una cessazione irreversibile delle funzioni vitali, che avviene per ragioni biologiche e che riguarda anche lui.
Il ruolo dei genitori nella comunicazione di un evento luttuoso
E’ quindi indicato dire le verità, con le parole adatte al bambino rispetto alla loro età, ed è bene che a farlo siano i genitori o parenti stretti che possano raccontare con parole semplici cosa è accaduto utilizzando proprio la parola “morte”, anziché utilizzare metafore che sarebbero solo confusive.
Ad esempio “si è addormentato per sempre” potrebbe angosciare il bambino al momento dell’addormentamento, sviluppando la paura di non riuscire più a svegliarsi o “è andato all’ospedale e poi è morto” potrebbe suggerire l’idea che se si entra in ospedale poi si muore attivando la fobia di medici e ospedali.
E’ importante quindi dedicare un momento apposito per questa comunicazione che deve essere data in modo veritiero e approfondito, considerando che il bambino potrebbe non avere tante nozioni che non possono quindi essere date per scontate.
E’ inoltre importante essere disponibili a rispondere alle domande che il bambino potrebbe fare anche nei giorni successivi dopo lunghe riflessioni.
Le domande dei bambini riguardano spesso perché si muore, se è stato doloroso, dove si trova adesso e cosa succederà al suo corpo, se questa cosa succederà anche a lui.
A volte i bambini sono molto concreti, diretti e imprevedibili nelle loro domande, potrebbero trovare l’adulto impreparato a rispondere. In questo caso non preoccupatevi, prendete tempo “Mi hai fatto una domanda così importante che devo pensare un po’ per darti la risposta giusta, appena l’avrò trovata ne riparleremo”.
Genitori e figli devono condividere le proprie emozioni
E’ molto importante condividere con il bambino le proprie emozioni: “il nonno è morto e sono molto triste perché non potrò più parlare con lui”.
Non abbiate paura nel mostrare i segni della vostra sofferenza, è meglio che il bimbo vi veda piangere e che gli spiegate perché piuttosto che far finta che vada tutto bene e piangere di nascosto.
I bambini colgono i turbamenti degli adulti, è impossibile nascondere loro le nostre emozioni, se non diamo spiegazioni rischiamo che il bimbo capisca che c’è qualche cosa che non va e che comprenda anche che l’adulto non ne vuole parlare con lui. A questo punto colmerà le sue domande che non può fare all’adulto con risposte personali che conterranno le proprie paure, ad esempio “La mamma è triste perché sono un bambino cattivo”, sviluppando così insicurezze e in molti casi anche sintomi specifici.
Quali sono i sintomi di un malessere emotivo nel bambino
I sintomi di un malessere emotivo del bambino possono esprimersi in somatizzazioni, cioè essere espressi attraverso il corpo, ciò succede soprattutto quando l’adulto non riesce a dare spazio alla verbalizzazione, al contatto emotivo e alla giusta considerazione del bambino come soggetto attivo e pensante.
I bambini che vengono lasciati soli con le loro emozioni di dolore, con le fantasie angoscianti, con domande irrisolte, che si sentono arrabbiati, delusi, traditi, in colpa, che perdono la fiducia nei loro genitori, sviluppano spesso sintomatologie quali insonnia, mal di pancia, nausea, pipì a letto, encopresi, rifiuto scolastico, paure specifiche, amico immaginario, iperattività, atteggiamenti oppositivi e provocatori, disturbi nell’alimentazione, regressioni, fino ad arrivare a problematiche gravi che possono condizionare la sua adolescenza e la sua vita futura di adulto.
In ultimo vorrei sottolineare l’importanza di poter salutare la persona a cui il bambino era legato e di partecipare al rito di separazione che aiuta gli adulti quanto i bambini a esprimere e condividere in gruppo il dolore per la perdita. E’ quindi indicato lasciar partecipare il bambino al funerale, tanto quanto andare al cimitero a trovare il defunto insieme, mantenere vivi i ricordi positivi che legavano il bambino alla persona venuta a mancare.
Attualmente, la realtà pandemica che stiamo vivendo toglie la possibilità proprio di accompagnare alla morte la persona cara, di stargli vicino, di poter fare tutto il possibile per lui.
Anche il bambino ha questa stessa necessità che avverte l’adulto, permettiamogli quindi di esserci, di fare un disegno che fotografiamo e mandiamo al nonno su WhatsApp, di registrare un video in cui saluta o canta una canzoncina, permettiamogli così di sentirsi partecipe e utile.
Dott.ssa Sabrina Cattaneo Psicologa e Psicoterapeuta